Le imprese delle Marche sempre più vicine alla Cina
Le imprese delle Marche sempre più vicine alla Cina
Presentato in Regione il 7° rapporto della Fondazione Italia Cina. Positivo il dato, trainato dalle pelletterie, dalle calzature e dagli strumenti musicali
ANCONA – Prodotto interno lordo (Pil) ed export in calo, ma crescono i consumi interni e i servizi. Le imprese italiane devono imparare a fronteggiare una Cina a due velocità, mentre continuano a crescere gli investimenti cinesi nel nostro Paese: l’ultimo caso, di grande richiamo mediatico, è stata l’acquisizione della società di calcio “Internazionale di Milano” (Inter Football Club) da parte del Gruppo Suning. In Cina è finito il periodo della crescita a doppia cifra, che ha caratterizzato il miracolo cinese negli ultimi anni, mentre sta emergendo una fase dove l’economia cresce meno rapida, che non significa però “lenta”, ma “sostenibile”. È quanto emerge dal 7° Rapporto pubblicato dalla Fondazione Italia Cina e curato dal Centro studi per l’impresa (CeSIF) della stessa Fondazione. “La Cina nel 2016. Scenari e prospettive per le imprese” è stato presentato, ad Ancona, presso la sede della Regione Marche. “È il manuale più importante in Italia per chi vuole investire in Cina, una bussola per orientarsi sul mercato cinese”, hanno sottolineato i relatori in apertura dei lavori. I saluti istituzionali sono stati formulati dal dirigente del servizio Internazionalizzazione, Raimondo Orsetti che ha ripercorso le tappe che hanno portato la Regione Marche a consolidare i rapporti con la Cina, nel nome di Padre Matteo Ricci (Li Madou). Alberto Rossi (analista CeSIF) si è soffermato sui dati che riguardano le Marche: “Mentre l’export italiano ha fatto molta fatica nell’ultimo anno in Cina , dove è calato del 12%, il dato delle Marche è invece positivo, trainato da alcuni distretti, in particolare la pelletteria di Tolentino, le calzature della provincia di Fermo, gli strumenti musicali di Castelfidardo. Le Marche hanno distretti produttivi forti e c’è un grande interesse, in Cina, per i prodotti ad alto valore aggiunto, di qualità, tecnologicamente avanzati. In questo settori le Marche possono giocare un ruolo molto importante”.
Dal rapporto del 2016 emerge che la Cina sta vivendo una fase denominata, dalle stesse autorità cinesi, “New Normal”. Una “nuova normalità” che riconosce come il modello di crescita degli anni ’80 non sia più possibile. Alla quantità va sostituita la qualità, cioè una crescita più sostenibile e basata su prodotti tecnologicamente avanzati, con minori investimenti pubblici, maggiori consumi interni e più servizi. Con una popolazione di poco meno di 1,4 miliardi di persone, 688 milioni di cinesi accedono regolarmente a internet. La Cina è il Paese con più alto numero di utenti web al mondo: in pratica un cinese su due naviga, chatta, si informa e finalizza gli acquisti attraverso il compute o dispositivo mobile. Le imprese che vogliono investire in Cina dovranno quindi focalizzarsi sui settori innovativi, mentre investimenti volti a beneficiare di costi di lavoro inferiori all’Europa e di standard ambientali non adeguati, andranno incontro a difficoltà crescenti. Anche la localizzazione degli investimenti è cruciale: le province più attrattive si trovano nelle aree costiere, mentre quelle più interne offrono opportunità in divenire. Attualmente il settore terziario contribuisce più della meta del Pil cinese, con l’obiettivo governativo di arrivare al 56% entro il 2020. Il 2015 è stato un anno negativo per l’export italiano, con un interscambio sceso a 44,71 miliardi di dollari Usa (-6,93%), causato non solo dalle difficoltà italiane, ma soprattutto dalla riduzione dell’import cinese. Secondo la programmazione del governo cinese, entro il 2020, sette industrie emergenti dovranno raggiungere il valore del 15% del Pil rispetto al 5% del 2010: risparmio energetico e protezione ambientale, tecnologie informatiche di ultima generazione, biotecnologie, produzione di macchinari avanzati, energie alternative, nuovi materiali, veicoli ecologici. Il rapporto fornisce poi dati sul turismo cinese. Quelli che riguardano il mercato italiano sono frammentari (perché apparteniamo all’area Schengen), ma la disaggregazione segnala percentuali in crescita, con una stima di 900 mila turisti cinesi in Italia nel 2016, contro i 220 mila del 2011. L’acquisto di prodotti di lusso è uno dei motivi principali che spinge il turista cinese a viaggiare all’estero: la spesa in Italia è cresciuta del 56% nel 2015, che va a sommarsi al +13% del 2014. I cinesi prediligono i brand del lusso, prevalentemente nel settore della moda e della gioielleria, insieme allo shopping nelle grandi città.
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