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Quando l’eversione terroristica attraversa la rete

Quando l’eversione terroristica attraversa la rete

Ma dopo gli ultimi attentati sembra che gli apparati di sicurezza internazionali presteranno molta più attenzione a quanto circola nel Web

Quando l'eversione terroristica attraversa la rete Quando l'eversione terroristica attraversa la rete

di PAOLO MARIA ROCCO

Si tratta di entrare nella privacy delle persone, di un certo tipo di persona che i servizi di intelligence internazionali definiscono “soggetto a rischio di radicalizzazione islamica”. È questa l’ultima frontiera difensiva dalla propaganda islamica integralista e assassina che viaggia nel Web. In Israele lo hanno capito da un pezzo e un intero apparato di intelligence si occupa proprio di controllare i siti di persone o gruppi sospettati di essere oggetto di propaganda integralista islamica. Dopo l’azione terrorista di qualche giorno fa a Parigi (sgozzati due poliziotti, marito e moglie davanti al loro piccolo figlio, risparmiato), preceduta dal massacro del Pulse a Orlando, in Florida (49 morti e oltre 50 feriti di cui alcuni molto gravi) – operazioni che hanno rilevato ancora una volta le falle delle forze di polizia – sembra che gli apparati di sicurezza internazionali presteranno da adesso molta più attenzione a quanto circola appunto nel Web. Si è constatato, infatti, che i cosiddetti ‘lupi solitari’ che agiscono, in varie parti del Mondo, senza aver ricevuto un ordine da parte del Califfato (che, poi, rivendica gli attacchi) sono persone che si radicalizzano alla religione islamica attraverso i siti web che inneggiano alla diffusione del Jihad contro l’Occidente e alla Sharia. Siamo pronti, nella nostra costumata, benpensante e spenta Europa dell’Unione farlocca e disastrata, a consentire che l’Intelligence si insinui nella privacy di tanti?

  1. Ahmad Sai’id Esber è meglio conosciuto con il suo pseudonimo d’arte Adonis. Poeta e intellettuale siriano, ottantaseienne, probabilmente oggi il più famoso uomo di cultura del mondo arabo, sull’Islam ha parole nette, che non lasciano spazio a dubbi: «Vedo nell’Isis la fine dell’Islam: ne è senza dubbio il prolungamento, ma ne annuncia la fine. Oggi –dice in una intervista del dicembre 2015- sul piano intellettuale l’Islam non ha niente da dire. Nessuno slancio, nessuna idea su come cambiare il mondo: né pensiero, né arte, né scienza. Questa ripetizione è il sintomo della sua stessa fine. Infatti, supponiamo che l’Isis riporti una vittoria sul piano politico o strategico: cosa potrebbe mai significare sul piano intellettuale e scientifico? Oggi il problema è con l’Islam, nel nome del quale Isis e compagni perpetrano i loro attacchi. Nel seno dell’Islam c’è l’Islam, mentre il Cristianesimo comprende varie confessioni, cattolica, protestante, ortodossa. Nell’Islam esiste l’ortodossia dei sunniti, che accettano soltanto una lettura letterale del Corano. Senza interpretazioni metaforiche o simboliche. Per questo non c’è spazio per arte e poesia tra gli ortodossi, c’è soltanto la giurisprudenza. La cultura del potere e della sua conservazione, a qualunque costo. L’Islam nasce proprio come religione di conquista. E, nelle conquiste, la violenza è inevitabile».
  1. Di Bernard Lewis, invece, si è festeggiato il centesimo compleanno il 31 maggio scorso: è il più importante storico vivente del Medio Oriente, il primo a fondare i suoi studi su fonti arabe. Ancora giovanissimo (parliamo dei primi decenni del Novecento) aveva scritto dello ‘scontro di civiltà’ tra Oriente e Occidente. E nel 1976 –ricordano Fiamma Nirenstein e Harold Rhode- ribadiva su “Commentary” che: «L’Islam dalle sue origini è una religione di potere. È carattere dell’Islam, e quindi è giusto e morale (secondo quella visione) che i musulmani debbano governare sui non musulmani. È un’offesa contro le leggi di Dio, invece, che i non musulmani governino sui musulmani. L’Islam non è una religione nel limitato senso occidentale, ma una comunità, una fedeltà, un modo di vivere…». Con medesima competenza e onestà intellettuale, fondate su studi di fonti ottomane e arabe, Lewis fu l’unico, e il primo –sottolineano ancora Nirenstein e Rhode- a prevedere l’avvento del mostruoso regime di Khomeini mentre tutti incensavano la rivoluzione iraniana; fu il primo a capire la trasformazione in guerra senza quartiere della dichiarazione di guerra di Bin Laden contro “crociati ed ebrei”.
  1. Di certo scomodi ad una certa smidollata intellighentzia occidentale entrambi, Adonis e Lewis, trovano, nella conoscenza personale del mondo arabo e dell’Islam e negli studi condotti su fonti dirette, tanti prestigiosi compagni di viaggio e intemerati propugnatori della verità dell’Islam. Tra questi Georges Bataille (grande filosofo, poeta e intellettuale francese e, per un certo tempo, vicino agli ambienti della gouche francese) che –tra i precursori in età contemporanea di una attenta analisi dell’Islam non compromessa dall’ambiguità di atteggiamenti compiacenti- già tra gli anni ’20 e ’40 del Novecento scriveva una delle sue opere più importanti sull’Economia generale intitolata La Part maudit nella quale significato centrale esercitano gli studi condotti sull’ “Islam: società di impresa religiosa e militare”. Un’opera che ha fatto scuola nonostante sia ancora oggi –nessuna meraviglia- pressoché inaccessibile al grande pubblico.
  1. Detto ciò, dobbiamo aggiungere che tre delle più importanti personalità della Cultura del Novecento (ma ve ne sono altre non meno importanti che esprimono medesime considerazioni, in Italia tra le più importanti è stata Oriana Fallaci insieme, oggi, a Magdi Crtistiano Allam) rilevano, quindi, un comune denominatore, un’affinità di rilievo nella conoscenza e nella diffusione della natura dell’Islam: una comunità fondata non sul legame di sangue (come quella occidentale) ma sulla fede religiosa che si fa Stato ed Esercito, e i suoi seguaci islamici “soldati devoti”, secondo l’efficace definizione di Bataille, che impegnano il loro ‘sforzo’ (accezione di Jihad) in un’azione metodica di conquista dei territori non islamici per assoggettarli: ‘sottomissione’ è il significato etimologico di Islam. A questo scopo il reclutamento –che avviene secondo varie procedure- è lo strumento principe: e di questo si vuole scrivere, ora, a proposito della propaganda islamica di aggressione contro l’Occidente che prende sempre maggiore spazio nel Web.
  1. A cominciare dalla controversa storia di Barbara Farina, italiana convertita all’Islam con il nome di Aisha (che, per inciso, era il nome di una delle mogli, la favorita di nove anni di età, di Muhammad, il Profeta). Da circa vent’anni Aisha-Farina è una integralista islamica, convertita nel 1993 e, dalla fine degli anni ’90 del ‘900, concubina, per un po’, di Abulkair Fall Mamour, senegalese, imam della moschea di Carmagnola. Quest’ultimo, all’epoca, era già sposato, dal ‘93 con rito civile in Italia, ad un’altra italiana convertita all’islam, Patrizia Venturella. Ma torniamo a Barbara-Aisha: è oggi una combattente islamica (si autodefinisce mujahidina, anzi «mujahidat-Allah», cioè una «combattente per la guerra santa di Allah» – e già questo la dice lunga) che, da moglie (con rito islamico: andò in sposa all’imam nel 1998) e preferita nel piccolo harem di A. F. Mamour si è poi trovata nella situazione di abbandonare l’Italia quando, nel 2001, il marito è stato cacciato dall’Italia perché sospettato di avere contatti con Al-Qaeda. Lui, da imam della moschea di Carmagnola, vicino Torino, promosso a fiancheggiatore dei terroristi islamici è stato rimpatriato in Senegal e lei lo ha seguito. In seguito Aisha-Farina rinnegando per sempre il Belpaese pare se ne sia andata a Londra e poi a Leicester, ove gestisce una scuola islamica (Madrasa) e alcuni siti web. Dal Regno di Sua Maestà la Regina, Aisha benedice quanti vanno a combattere in Siria o in Iraq (e ovunque si debba affermare l’Islam) sotto il vessillo dell’Isis esaltando quei poveri giovani convertiti e convinti, in seguito ad un pernicioso lavaggio del cervello, ad unirsi alle truppe jihadiste dei foreign fighters, i combattenti stranieri che ingrossano le fila armate del Califfato. Dell’ex imam di Carmagnola non si sa se è poi rimasto in Senegal o se abbia raggiunto la seconda moglie in Inghilterra. Di Aisha Farina,però, si conosce molto della sua attività tuttora condotta online – e non solo – a sostegno del fondamentalismo islamico utilizzando il pulpito offertole dalla Rete e da Facebook. Proprio di uno di questi suoi siti vogliamo scrivere perché riteniamo che i Servizi di Sicurezza italiani debbano occuparsene per valutarne la chiusura e la rimozione (cancellazione) immediata, considerati i suoi contenuti apertamente inneggianti al Jihad contro l’Occidente miscredente e contro gli ‘infedeli’ cristiani. Anzi, c’è da meravigliarsi che, in un periodo di emergenza come quello attuale, e in seguito alle notizie che, in Italia, vogliono il Ministero dell’Interno particolarmente sensibile ai messaggi di aggressione terroristica che attraversano l’etere nel Web, i siti gestiti da Aisha-Farina siano ancora aperti e frequentabili. Uno di questi, appunto, si chiama “La Madrasa di Baraka” (la cui traduzione letterale è Scuola di Gioia), vi scrive la stessa Aisha (a volte firmandosi). Ecco l’indirizzo: https://lamadrasadibaraka.wordpress.com/. Al quale vanno aggiunte le pagine Facebook gestite da Aisha/Farina.
  1. C’è da considerare che Aisha-Farina non è digiuna di strategie di comunicazione, tutt’altro: non è necessario un lavoro certosino tra le pagine e le rubriche del sito web per smascherarne i veri scopi. All’attività di informazione e di ‘educazione’ all’Islam proposti da Madrasa Baraka (addirittura vi sono rubriche rivolte ai bambini definiti piccoli mujahidini –combattenti ‘in fasce’ per il Jihad), si accompagnano, occultati in una teoria di predicazioni senza soluzione di continuità, gli slogan, le perorazioni e l’opera di convincimento ad usare anche le armi (come nel caso dei foreign fighters) contro la civiltà e la cultura occidentale, sostenuti da versetti tratti dal Corano. Così, non può che risultare, di per sé, eloquente (ma anche sconcertante) il silenzio che Madrasa Baraka –e la sua ideatrice e i suoi followers- mantiene sulle stragi e sui massacri che i terroristi islamici dell’Isis hanno perpetrato in Europa e nel Mondo: non una parola si riesce a trovare, nella Scuola di Gioia, contro le azioni suicide dei tagliagole islamici condotte a Parigi o in Belgio, o in Danimarca o –anni prima- a Londra, a Madrid o negli USA a Orlando, per esempio, neanche un tentativo di dissociazione; nessuna condanna contro quanti impugnando il Corano –e con lo scopo di inculcare il terrore di perseverare nello stile di vita occidentale- hanno barbaramente ucciso centinaia di innocenti al grido di “Allah-u Akbar”; nessuna condanna per quanti hanno distrutto opere d’arte e monumentali, patrimonio dell’Umanità negli ultramillenari siti archeologici del Nord-Africa, e, invece, tanta rivendicata complicità per quanti sono rimasti uccisi –da foreign fighters- nelle regioni siriane, libiche, irachene, o tradotti nelle galere occidentali quando si sono rivelati assassini a piede libero o quando se ne è accertata la responsabilità o la contiguità nella preparazione di attentati nelle metropoli delle terre infedeli.
  1. È a firma di Aisha Farina lo scritto –che qualsiasi persona informata e di buon senso non può che definire delirante e rivelatore- che apre il sito e che ne spiega i contenuti. Cliccando su “A proposito di questo sito” troviamo già affermazioni che dovrebbero convincere le Autorità a interdire ad Aisha-Barbara Farina l’uso del Web ai fini della propaganda della guerra santa islamica, precedute da citazioni che, come tutte le altre, fanno emergere costantemente, in quanto fondamento dell’Islam, il disprezzo verso qualsivoglia religione e cultura non-islamica: «Avete avuto un bell’esempio in Abramo e in coloro che erano con lui, quando dissero alla loro gente: “Noi ci dissociamo da voi e da quel che adorate all’infuori di Allah: vi rinneghiamo. Tra noi e voi è sorta inimicizia e odio che continueranno ininterrotti, finché non crederete in Allah, l’Unico” (Corano LX. Al-Mumtahana, 4)». E, ancora, a firma di Aisha Farina: «La parola più veridica è quella di Allah, la migliore guida è la guida di Muhammad (Maometto), le cose peggiori sono le innovazioni nella religione, ogni innovazione è uno sviamento e ogni sviamento conduce al Fuoco. Sosteniamo i mujâhidîn (combattenti impegnati nel Jihad), i nostri fratelli e sorelle imprigionati nelle mani dei kuffâr (i miscredenti, coloro i quali non credono in Allah), degli ipocriti e degli apostati, e coloro che sono umiliati e oppressi, così come tutte le persone dell’Haqq (che vivono nella “Verità” identificata con Allah), anche se ciò dispiaccia ai miscredenti, e agli sviati». Insomma, se decennali politiche di multiculturalismo male interpretato e peggio realizzato hanno generato, in Occidente, orde di jihadisti arruolati nell’esercito di Daesh, pure si deve dire che la propaganda diffusa in Rete, e quella spesso declamata nelle moschee, mettono a rischio i fondamenti stessi della convivenza civile nelle democrazie occidentali: il sacrosanto diritto alla libertà d’espressione goduto da chiunque non può ambire al diritto di predicare –come fa Aisha-Farina- l’aggressione contro quanti non credono in Allah e nel suo Profeta. Accade, invece, che per sostenere un concetto di tolleranza a buon mercato si permetta, nel ventre molle dell’Occidente, che in alcune moschee si amplifichino i megafoni che incitano alla eliminazione fisica del miscredente e che uno strumento di persuasione e proselitismo come Madrasa Baraka sia libero di sostenere pubblicamente i guerriglieri dell’islam, i mujâhidîn, i foreign fighters, i terroristi. Ai fini del riconoscimento della pericolosità rappresentata da Madrasa Baraka, vi si possono trovare altre dichiarazioni che rincarano la portata eversiva del sito che, scopriamo, non viene aggiornato, nella Home Page, dal Gennaio 2016: ma i proclami contro la civiltà occidentale sono ancora lì, ben visibili e consultabili da tutti. Seppure non aggiornato da qualche mese, quindi, il sito, per quanto contiene, costituisce una reale minaccia e un perdurante strumento di radicalizzazione islamica.
  1. A proposito di “religione dei musulmani e dottrina dei laici” si dice senza mezzi termini, nel sito di Aisha Farina, che gli infedeli vanno combattuti: «Questo testo, il Corano, raccoglie principi che permettono a un musulmano di conoscere la differenza tra la sua magnifica religione e il nuovo paganesimo e politeismo contemporaneo (il Cristianesimo, come l’Ebraismo è considerato politeismo dall’Islam) chiamato ‘secolarismo’ nell’insieme delle sue ramificazioni. Ciò perché il musulmano lo eviti e se ne allontani e lo rinneghi insieme ai suoi adepti conosciuti come ‘laici’; perché si dichiari innocente di ciò che essi commettono dinanzi ad Allah e che li consideri miscredenti, nemici, li detesti e li combatta. E ciò sia che si tratti di intellettuali, politici, dirigenti, giornalisti o cantanti, attori, scienziati, governanti (Ali Ibn Khodhayr Al Khodhayr)». Considerare nemici e combattere gli ‘infedeli’: è la parola d’ordine che sempre viene diffusa dal sito. Riguardo al cosiddetto Islam moderato poi: «Nell’Islam non v’è posto per il compromesso. (…) La gente non ha bisogno di miscugli tra Islam e Miscredenza. Mostrare l’Islam sotto una luce moderata o morbida fornisce un’immagine sbagliata e negativa della Religione. Altri sostengono di volere il compromesso per rafforzare l’Islam! Sbagliato! (Corano CIX Al Kafirun 1-6 – Ibrahim Abu Khaled)». A proposito dell’Apostasia: «Lasciare l’apostata impunito è lacerare la Umma (la comunità islamica, ndr) a livello intellettuale, culturale, politico e sociale. L’apostasia più pericolosa è quella non conclamata, quella degli ipocriti in epoca contemporanea, criminali di professione che sfuggono alla giustizia di Allah; è l’apostasia intellettuale che mostra i suoi misfatti attraverso giornali, tv, radio, libri, dibattiti, costumi e leggi adottate». Sui foreign fighters significativo quanto troviamo scritto sulla figura di Giuliano Delnevo, combattente italiano, convertito all’Islam e all’Isis, ucciso in Siria: «Il giorno dopo abbiamo come al solito qualche sedicente imam che giura e spergiura di non averlo mai conosciuto: ‘se per caso l’ho conosciuto l’ho CACCIATO DALLA MOSCHEA [cacciare invece il giornalista serpente no, eh?]’; ‘non sapevamo fosse partito; se per caso lo sapevo giuro che ho cercato di dissuaderlo; noi siamo bravi-bravissimi-moderati-moderatissimi, talmente moderati che per farvi piacere non esitiamo a calpestare la memoria di un ragazzo morto shahîd (testimone della fede, ndr)… Con tutto il cuore, invito certi autoproclamati rappresentanti della ummah italiana a riflettere: il Giorno in cui non ci sarà altra ombra che quella di Allâh, farà parecchio caldo per tutti i vili che avranno sputato sull’onore di uno shahîd, che Allah ci guidi, âmîn». L’Islam non è moderato, appunto, e in questa forma –sottolinea Aisha- non esiste e non deve esistere. Tra gli altri foreign-fighters esaltati da Madrasa-Baraka e da Aisha_Farina, anche Maria Giulia Sergio che, convertita all’Islam con il nome di Fatima, cominciò a girare nelle vie di Inzago, nell’hinterland milanese, coperta dal niqab (la veste nera integrale che lei impose anche a sua madre e a sua sorella) e quindi, lei stessa manipolata, si arruolò nelle file dell’Isis. Cercò di plagiare tutta la sua famiglia, il padre Sergio, la madre Assunta, la sorella Marianna, e vi riuscì: si convertirono tutti all’Islam ed erano sul punto di partire per la Siria in guerra su ordine perentorio di Giulia-Fatima quando furono arrestati dalla Digos. Di Giulia-Fatima che, dalla Siria, in un messaggio via skype al Corriere della Sera disse: “Noi decapitiamo in nome di Allah”, non si sa più nulla: forse, anche lei, convertita ingannevolmente al Jihad, si dovrà aggiungere alla dolorosa e crudele contabilità dei morti da foreign fighters. Ma in Madrasa-Baraka Giulia-Fatima è esaltata insieme alla madre per la quale Aisha-Farina sollecita la Umma italiana a innalzare preghiere musulmane perché acceda alle grazie di Allah (nel nome del quale Giulia-Fatima decapitava). Ma, di più, Aisha-Farina dichiara di vergognarsi, da islamica combattente, di non avere il “coraggio” dei Casamonica (che tutti ricordano per il funerale a Roma del capostipite salutato da elicottero, carrozza nera trainata da 4 cavalli e le musiche del “Padrino” sotto gli occhi delle Forze dell’Ordine italiane): «I mafiosi del clan Casamonica hanno avuto più coraggio di noi, noi musulmani abbiamo paura anche di fare una preghiera per l’anima di una vecchia signora morta d’ingiustizia. (Aisha, 14.10.2015)».
  1. È sufficiente scorrere i riferimenti alla dottrina dell’Islam e ai suoi divulgatori nel sito Madrasa Baraka per prendere atto ancora una volta che la vera e unica natura dell’Islam è quella violenta, di aggressione, scritta nel Corano che viene letto, dai suoi seguaci e propugnatori, letteralmente. A volte sono interpreti sunniti del Libro sacro e, spesso, sostenitori dichiarati del Jihad, della guerra santa contro l’infedele, o più spesso personaggi (sempre di nascita musulmano-islamica) dei quali i Servizi di Sicurezza occidentali hanno sentenziato –seppure a piede libero- la condanna per terrorismo o per contiguità al terrorismo islamico. Uno di questi è Sulaiman_Al-Alwan, del quale Madrasa Baraka tratteggia una biografia che è una paradossale agiografia, la vita di un santo: “l’eminente sapiente”, “il virtuoso” Sulaiman_Al-Alwan dopo essere stato arrestato dalla autorità arabe una prima volta nel 1980, nel 2000 –leggiamo su Wikipedia- emette una fatwa per approvare e incoraggiare gli attentati suicidi contro Israele; nel 2001 istiga i Talebani afghani alla distruzione dei Buddah di Bamiyan (due statue di circa 40 metri d’altezza, scolpite nella roccia 1500/1800 anni fa, nella regione afghana di Bamiyan, distrutte dai Talebani); tutto ciò ha accresciuto la sua fama di integerrimo interprete dell’integralismo islamico e ha consentito che si diffondesse e facesse proseliti.Tra questi ultimi, Abdulaziz al-Omari, uno dei dirottatori degli aerei negli attacchi suicidi contro le Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001, era stato suo fervente allievo. Proprio dopo gli attacchi dell’11 settembre, Al-Alwan emise due fatwe (21 settembre 2001 e 19 ottobre 2001), in cui dichiarò che ogni musulmano che aveva sostenuto gli americani in Afghanistan doveva essere considerato infedele, e invitò tutti i musulmani a sostenere gli afghani e i talebani con qualsiasi mezzo, compreso il jihad (la guerra santa contro i miscredenti). Nel gennaio 2002, Alwan consolida i rapporti con il terrorismo islamico afghano: insieme con altri due religiosi sauditi radicali, Hamoud al-Aqla al-Shuebi e Ali al-Khudair, egli scrisse una lettera al leader dei talebani Mullah Omar lodandolo e riferendosi a lui come al “comandante dei fedeli”. Nel 2003, 11 giorni dopo l’inizio della guerra in Iraq, Al-Alwan invitò il popolo iracheno a combattere gli americani tramite attentati suicidi. Nel 2004 Sulaiman viene arrestato, rilasciato nel 2012, viene condannato, l’anno successivo, a 15 anni di carcere per aver attentato contro le autorità saudite, per aver finanziato il leader di Al_Qaeda in Iraq, Abu Musab Al-Zarqawi, e per aver emesso una fatwa che obbliga i musulmani al Jihad in Siria. Ecco, queste sono le autentiche ‘vita e opere’ dell’ “eminente sapiente e virtuoso” Sulaiman_Al-Alwan sulle quali tace Madrasa Baraka di Aisha-Farina che, invece, ne loda ingannevolmente l’azione e il pensiero: «Shaykh Sulaymân è uno dei sapienti più rispettati della nostra epoca; egli ha impiegato il suo tempo nell’educazione della ummah e nel consigliare i musulmani, in particolar modo i resistenti. Ha sempre difeso la dottrina islamica corretta di Ahlu-s-Sunnah wa-l-Jama’ah, contro tutte le innovazioni e deviazioni, insegnando a non precipitarsi verso la scomunica (…)». Un “sapiente” che istiga all’assassinio.
  2.  Ancora maggiore spazio, se possibile, è dedicato da Madrasa Baraka a un altro “pio” interprete del Corano, tale Abû Ameenah Bilal Philips, anch’egli ascritto, in Madrasa Baraka, tra i “sapienti”. Chi è in realtà Bilal Philips? Una ricerca nel Web ci offre la risposta: Bilal Philips, nato in Giamaica, per il quale gli Ebrei vanno soppressi e per il quale la pena di morte è un’opzione per punire gli omosessuali e gli adulteri, è un salafita (un sostenitore della interpretazione letterale, ortodossa, del Corano), in possesso di studi superiori conseguiti anche nell’Università del Galles, nel Regno Unito. La sua azione di proselitismo all’Islam radicale lo ha poi portato a girare il mondo e a ricevere presto le dovute ma, col senno di poi, non sufficienti attenzioni: gli è stato vietato, nell’ordine, di mettere piede nel 2007 in Australia per contatti con il terrorismo islamico; è stato poi espulso dalla Gran Bretagna quando è stato scoperto che assecondava gli attacchi suicidi dei combattenti islamici e quando le forze di Sicurezza governative hanno accertato la sua responsabilità nell’aver convinto con le sue predicazioni Taimour Abdulwahab al-Abdaly a farsi esplodere a Stoccolma nel dicembre 2010; dal 2011 gli è vietato entrare in Germania; dal 2012 non può entrare in Kenya; nel 2014 è stato espulso dal Bangladesh; ancora nel 2014, Philips è stato arrestatonelle Filippine per “incitamento e reclutamento di persone per lo svolgimento di attività terroristiche” e per legami con gruppi terroristici tra i quali l’Isis; deportato dalle Filippine è approdato in Canada da dove è partito poi per il Qatar ove sembra risieda. Questo ricco pedigree di criminale e di reclutatore all’Islam radicale ha forse impedito a Madrasa Baraka e ad Aisha-Farina di spegnergli i microfoni? No! Tutt’altro: l’ “insegnamento” di Bilal Philips viene ampiamente esemplato in Madrasa Baraka!

Molti altri sono i nominativi di sedicenti “sapienti islamici” dei quali Madrasa Baraka diffonde il verbo incendiario. Per concludere, e per chiudere il cerchio, faremmo un torto alla ‘combattente’ Aisha-Farina e alle follie criminali che scrive nel suo sito se non citassimo almeno una volta, nella sua veste di propagandista delle più turpi violenze contro la civiltà, il marito senegalese di Aisha-Farina, l’ex imam Abulkair Fall Mamour il quale, pure espulso dall’Italia come detto, scrive nel sito gestito dalla moglie e firma diversi interventi. Tra questi evidenziamo (la scelta è ampia) lo scritto con il quale egli sollecita gli islamici a distruggere gli “idoli”, le raffigurazioni religiose (monumenti, statue, templi, ecc.) pre-islamiche (con l’avvento di Maometto, infatti, qualsiasi raffigurazione che sia alta più di venti centimetri da terra è severamente proibita dal Corano nella terra dell’Islam).

  1. «Tra gli atti che conducono allo Shirk (il politeismo, incompatibile con l’Islam, ndr) –scrive Fall Mamour- e contro i quali i sapienti Hanafiti hanno messo in guardia, difendendo il Tawhîd (l’unicità di Allah, ndr) troviamo: il decorare le tombe, l’elevare le tombe, le iscrizioni sulle tombe, il fatto di prendere le tombe come moschee o luoghi cerimoniali o simili. Allah l’Altissimo e il Suo Messaggero hanno ordinato di distruggere le statue. Inoltre, il Profeta stesso distrusse trecentosessanta statue alla Mecca; come mai non le lasciò perché servissero di lezione per le future generazioni?: «Quando Allah e il Suo Inviato hanno decretato qualcosa, non è bene che il credente o la credente scelgano a modo loro. Chi disobbedisce ad Allah e al Suo Inviato palesemente si travia (Corano XXXIII. Al-Ahzâb, 36)”. L’interesse imminente risiede nel mantenimento dell’unicità di Allah e dei suoi pilastri, e nella distruzione dei simboli della miscredenza, e non esiste cosa più dannosa di lasciare le statue, quando si sia in grado di distruggerle. È l’Imam Ibn Al-Qayyim a commentare: “È dunque vietato lasciare intatti i luoghi di shirk (politeismo: Cristianesimo, Ebraismo) e di Taghût (idoli, raffigurazioni religiose) un solo giorno, quando si sia in grado di distruggerli (Za’d al-Ma’ad, 3:601)”. Concludendo, la distruzione degli idoli nelle terre dell’Islâm è un ordine di Allah e una tradizione del Profeta, ripetuta da tutti i suoi Compagni e da coloro che vennero dopo di loro, ed è un segno di dignità». Ecco scritto, insomma, nel Corano e nella tradizione degli hadit l’ordine di radere al suolo tutte le raffigurazioni religiose della miscredenza, (statue, templi, luoghi mistici, reperti conservati nei musei, tombe monumentali) e preislamiche. Quel patrimonio ultramillenario di inestimabili testimonianze culturali che ha subito, in Nord Africa, recentemente, la totale distruzione ad opera dei soldati devoti, i tagliagole di Daesh.
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