IN PRIMO PIANOPESARO & provinciaSPETTACOLI

Ricordi ed emozioni di Pier Luigi Pizzi che ci parla del “suo” Rossini

Ricordi ed emozioni di Pier Luigi Pizzi che ci parla del “suo” Rossini

di PAOLO MONTANARI

PESARO – Abbiamo incontrato il maestro Pier Luigi Pizzi, noto regista teatrale, con centinaia di opere firmate in tutti i teatri del mondo, in un momento di pausa, nell’ante vigilia della messa in scena de La pietra di paragone, seconda opera in cartellone del Rof 2017, all’Adriatica Arena l’11,14,17 e 20 agosto

Maestro, un ritorno dopo 15 anni a Pesaro. Ricordi ed emozioni?

“Certamente con il Rof ho firmato 35 titoli, ed ho avuto una frequentazione che mi ha molto arricchito in tanti anni, dal 1992, quando esordii con Tancredi con la Valentini Terrani e Katia Ricciarelli, che erano in autentici momenti di grazia. Poi ho fatto altri due Tancredi e ogni volta Rossini ti fa scoprire cose nuove Non c’è limite alla lettura delle opere di Rossini. Io mi considero in vacanza, perché il lavoro di regista quando lo fai con passione e in mezzo ai giovani che potrebbero essere i miei pronipoti, è una vacanza. Prima di venire al Rof conoscevo già Rossini, perché avevo allestito e fatto la regia di Semiramide. Poi a partire dall’edizione critica della Fondazione Rossini, sono emersi dei capolavori come Maometto II, Bianca e Faliero e Mosè in Egitto, che fino a quel momento erano considerate minori”.

Era il 2002 quando presentò per il Rof la Pietra del Paragone. In quindici anni la sua regia è cambiata rispetto all’opera?

“Certamente perché lo spazio è diverso, si è passati dallo spazio scenico teatrale a quello più grande dell’Adriatico Arena, i protagonisti sono diversi, l’atmosfera è nuova. Dunque è uno spettacolo nuovo. Vi è poi un rapporto cordiale anche con il direttore d’orchestra prima delle prove. Pensi che dopo sette giorni lo spettacolo era già montato ed aspettava solo la musica”.

Anche il tessuto narrativo è cambiato?

“Si perché ogni volta che affronto Rossini lo valuto in maniera diversa, come il famoso doppio finale di Tancredi.E’ un’opera nuova perché anche l’ambientazione che apparentemente potrebbe far pensare al periodo letterario di Fitzgerald, in realtà è ancora più vicino a noi ed arriva agli anni ’70. La pietra di paragone, con la famosa edizione critica moderna di Patricia Brown e il contributo musicale del compianto Alberto Zedda, è andata in scena a Milano il 26 settembre 1812, e rappresentò una tappa fondamentale nella vita artistica di Rossini perché fu  la prima opera commissionatagli dalla Scala. Prima della Pietra,Rossini aveva rappresentato soltanto un’opera comica a Bologna, L’equivoco stravagante, un’opera oratorio a Ferrara, Ciro in Babilonia e tre farse a Venezia, La cambiale di matrimonio, L’inganno felice, La scala di seta. La pietra del paragone impegna molto i cantanti, per le acrobazie belcantistiche, ma che ebbe un successo straordinario, secondo le cronache del librettista dell’opera Luigi Romanelli. Un’opera complessa che non definirei un’opera buffa, perché il comique all’italiana aveva delle regole ormai obsolete e rigide, mentre Le Comte Ory, L’Italiana in Algeri e di diritto La pietra del paragone , erano opere trasgressive, con impegni non solo legati agli intrecci amorosi ma anche a quelli sociali”.

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.altrogiornalemarche.it