Le Marche si confermano una regione ad alta intensità di lavoro professionale
Le Marche si confermano una regione ad alta intensità di lavoro professionale
Ma il numero di professionisti diminuisce dall’anno del terremoto (2016). Il presidente di Confprofessioni Gianni Giacobelli: “Il calo del 2018 va messo in relazione anche con il miglioramento del tasso di occupazione registrato in Regione per lo stesso anno, e allo spostamento di un certo numero di persone, per lo più giovani, dall’area del lavoro professionale al lavoro dipendente”
ANCONA – Le Marche si confermano una regione ad alta intensità di lavoro professionale: è quanto si evince dal Rapporto 2019 di Confprofessioni, elaborato dall’Osservatorio delle libere professioni su dati Istat. Il quadro del nostro territorio per lo scorso anno è però in chiaroscuro: la quota di professionisti è aumentata fortemente nell’ultimo decennio (31,5% in più, dal 2010), un risultato che ci colloca tra le prime regioni in Italia, ma con alcuni aspetti più critici: il reddito medio, infatti, è inferiore alla media nazionale e, inoltre, si è registrata una diminuzione anche del numero di professionisti, dal 2016, anno del terremoto: se ne contano, circa, 3.200 in meno tra 2017 e 2018, per un totale di 39.300. Ma la possibile interpretazione di questo dato, oltre alle conseguenze economiche dell’ultimo, devastante, sisma – si può ipotizzare che abbia avuto un impatto rilevante, basti pensare che l’unica diminuzione precedente risale al primo anno della crisi economica (2009-2010) ed è di gran lunga inferiore (100 unità) – riguarda anche dinamiche del mercato del lavoro: “Il calo del numero di professionisti del 2018 – ha affermato il presidente di Confprofessioni Marche Gianni Giacobelli -, probabilmente, va messo in relazione al miglioramento del tasso di occupazione registrato in Regione per lo stesso anno, e allo spostamento di un certo numero di persone, per lo più giovani, dall’area del lavoro professionale a quella del lavoro dipendente”.
Significativo, in particolare, l’aspetto del reddito: il Pil pro capite 2017, infatti, è di circa 24.822 euro all’anno, e, in confronto alla media nazionale, il livello è più basso, sebbene l’incidenza del numero di professionisti per mille abitanti (25,7%) sia più elevata della media stessa: sono di più nel territorio, insomma, ma guadagnano un po’ meno. Le Marche rispecchiano la loro dimensione “di centro”, sia dal punto di vista del reddito medio che dell’incidenza numerica sul totale della popolazione: si posizionano, in buona sostanza, a metà fra le regioni relativamente più povere del Centro Sud e quelle più ricche del Centro Nord.
Nel 2018, anche l’incidenza del numero di liberi professionisti, rispetto ai lavoratori indipendenti, è leggermente più bassa della media nazionale (25% contro il 27%), ma, il dato è in linea con i precedenti e le Marche si collocano, infatti, quasi a metà graduatoria, più vicine alle regioni a maggiore incidenza.
I professionisti in Italia: sono più di 1,4 milioni, e muovono un giro d’affari da 221 miliardi
L’Italia può essere considerata come “la capitale europea” dei liberi professionisti: solo quelli iscritti ad un albo professionale superano quota di 1,4 milioni, crescono al ritmo del 17%, coprono il 27% del mercato del lavoro indipendente, occupano 484 mila dipendenti e muovono un giro d’affari di circa 211 miliardi di euro. Numeri che portano il nostro Paese in cima all’Europa, sia in termini dimensionali (18 professionisti ogni mille abitanti), sia in termini di Pil (1,7 miliardi di euro), perché dove cresce la presenza di professionisti, maggiore è la ricchezza di un Paese.
Con poco più di 1,4 milioni unità, il settore delle libere professioni rappresenta nel 2018 oltre il 6% della forza lavoro e quasi il 27% del lavoro indipendente in Italia, in controtendenza rispetto ad altri settori. Secondo i dati Istat elaborati dall’Osservatorio libere professioni, infatti, negli ultimi 10 anni il lavoro indipendente nel suo complesso ha registrato una contrazione del 7,5% (-430 mila lavoratori), mentre i liberi professionisti continuano a crescere.
Un fenomeno che si registra anche in tutta Europa, dove la quota di professionisti è passata dai 4,8 milioni del 2009 agli oltre 5,7 milioni del 2018 (+19%). Tra il 2011 e il 2018 la crescita occupazionale dei liberi professionisti si attesta al 17% e si riscontra in tutte le aree professionali, con punte che raggiungono il 53% nel settore socio-sanitario e del 38% per le professioni scientifiche. Lo stesso trend si registra anche a livello territoriale, con incrementi superiori al 30% (oltre alle Marche) in Campania, Molise, Veneto, mentre Calabria e Liguria segnano un calo rispettivamente del 8% e del 4,5.
Nonostante il fatturato complessivo dei liberi professionisti risulti in tendenziale aumento negli ultimi anni, arrivando nel 2017 a sfiorare il tetto dei 211 miliardi di euro, pari al 12,2% del Pil, l’analisi sui redditi professionali mostra una forte polarizzazione tra chi vede aumentare in modo significativo i propri redditi e chi vede assottigliarsi sempre più le proprie entrate. In questo ambito, le professioni che registrano una forte riduzione sono gli studi di architettura (-12,1%) e di ingegneria (-12,8%), mentre dall’altra parte ci sono i revisori contabili, periti, consulenti (+15%). Ma quanto guadagnano i professionisti? I redditi medi delle professioni ordinistiche oscillano in media tra i 36 mila e i 52 mila euro annui, a seconda che si prenda come riferimento i dati dell’Adepp, l’associazione delle Casse di previdenza privata delle professioni, o del Sose, la società che si occupa degli studi di settore, questi ultimi mediamente più alti poiché non calcolano gli oltre 300 mila liberi professionisti che aderiscono al regime forfettario e che presentano un reddito medio di poco superiore ai 10 mila euro.
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