Rifondazione ai Prefetti: “Rendere pubblici gli elenchi delle aziende in produzione con e senza deroghe”
Rifondazione ai Prefetti: “Rendere pubblici gli elenchi delle aziende in produzione con e senza deroghe”
Occorre dare la possibilità a sindaci e Asl di avere piena contezza degli spostamenti sui propri territori
ANCONA – Rifondazione Comunista ha scritto questa mattina ai Prefetti di Pesaro, Ancona, Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno in merito alla riapertura di molte aziende marchigiane in deroga a quanto previsto dal DPCM del 25 marzo 2020.
Rifondazione Comunista chiede che i prefetti rendano immediatamente pubblici gli elenchi delle aziende attive, ovvero ricomprese nei codici ATECO del DPCM 25 marzo (“produzioni essenziali”) e soprattutto di quelle che nelle ultime due settimane hanno richiesto deroghe per riaprire. I sindaci e le Asl siano informati tempestivamente su ciascun territorio dei flussi e degli spostamenti delle persone per le produzioni essenziali e per le deroghe concesse.
Le prefetture procedano con controlli massicci su tutte le produzioni attive. Al posto di App fantasiose per controllare chi porta a spasso il cane, della quotidiana caccia mediatica ai “passeggiatori”, sarebbe molto più utile mappare il movimento di migliaia di lavoratori che tutti i giorni sono obbligati a muoversi per garantire le esigenze vitali di noi tutti e probabilmente anche di troppe produzioni assolutamente non indispensabili.
L’elenco dei Codici ATECO prevede già maglie estremamente larghe, a titolo di esempio le fabbriche di armi (a Cameri si continuano ad assemblare F35) e dell’aerospazio sono attive senza bisogno di deroghe. Inoltre il meccanismo delle deroghe, attraverso il silenzio assenso, sta consentendo riaperture ben oltre le produzioni essenziali. La farraginosità delle procedure, l’inadeguatezza delle prefetture su tale materia, il ritardo nell’attivazione dei tavoli con le parti sociali, la difficoltà dei controlli e le furbizie delle aziende nel giocare con i codici ATECO, rischiano di compromettere le misure di distanziamento sociale, unico argine al diffondersi del virus. Esempio evidente il caso della Caterpillar di JESI.
“Se si chiede la riattivazione aziendale per codici ATECO “marginali” rispetto alle produzioni principali, va ridotta proporzionalmente sia la presenza dei lavoratori, sia il numero di ore settimanali lavorate, in base al peso in azienda di quello specifico codice ATECO, salvo la riconversione di produzione. Questo vuol dire essere seri, il resto è irresponsabilità. Ad oggi scarseggiano dispositivi di sicurezza per operatori sanitari e medici di base, le produzioni nazionali di Dpi non soddisfano neppure le quotidiane necessità, come si può garantire quegli stessi dispositivi a chi deve recarsi a lavoro in fabbrica?
“Rifondazione Comunista ribadisce che servono risorse urgenti per il sostegno al reddito dei lavoratori visibili e invisibili, e servono risorse immediate per il sostegno alle piccole e piccolissime imprese che sono predominanti nel nostro tessuto economico. I ritardi di Governo e Regione stanno di fatto mettendo artigiani e piccoli imprenditori nelle condizioni di dover scegliere tra la salute di sé stessi e dei propri dipendenti, e il fallimento delle proprie aziende. Dall’altra parte le grandi imprese hanno tutte le capacità per poter sopperire ad un mese di fermo e provvedere alla propria ristrutturazione aziendale, visti gli enormi dividendi che negli ultimi anni hanno accumulato.
“Di fronte al virus non siamo tutti uguali, perché già prima le differenze erano evidenti. Ora la forbice delle disuguaglianze si allargherà ulteriormente. È il momento – concludono Rossana Montecchiani e Gabriele Marcozzi, della segreteria regionale del Partito della Rifondazione Comunista-SE delle Marche – che la Banca centrale Europea apra il proprio portafoglio, lo ha fatto dal 2009 per il salvataggio delle banche può farlo per salvare i lavoratori europei”.
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