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“Ecco la nostra verità sulla Fondazione Città di Senigallia”

“Ecco la nostra verità sulla Fondazione Città di Senigallia”

Gli ex componenti del Consiglio di Amministrazione Michelangelo Guzzonato (che ne era il presidente), Daniele Corinaldesi e Francesco Mancini prendono posizione, fornendo elementi di valutazione, a tutela della correttezza del loro operato e della loro onorabilità

SENIGALLIA – Negli ultimi mesi, dopo le dimissioni del Consiglio di Amministrazione, molto si è discusso sul presente, sul futuro e, soprattutto, sul passato della Fondazione Città di Senigallia.

In attesa di una chiara presa di posizione dell’Amministrazione comunale che, impegnata in tutt’altre questioni, tarda ad affrontare il problema, ospitiamo oggi un interessante intervento di tre componenti del precedente Consiglio di Amministrazione: Michelangelo Guzzonato (che ne era il presidente), Daniele Corinaldesi e Francesco Mancini.

“I sottoscritti, nella loro rispettiva qualità di presidente e membri del precedente Consiglio di Amministrazione della Fondazione Città di Senigallia, in merito ai ripetuti articoli di stampa pubblicati in questi giorni, che riportano i contenuti di una relazione del CdA dimissionario, raccontando delle vicende di tale Ente, riteniamo opportuno intervenire fornendo elementi di valutazione ai concittadini senigalliesi, a tutela della correttezza del nostro operato prestato negli anni trascorsi e della nostra onorabilità.

“Facendo salvo il puntuale, dettagliato e documentato approfondimento di ogni aspetto nelle sedi deputate precisiamo quanto segue:

Sull’appalto di ristrutturazione delle due palazzine

“Posta l’obbligatorietà di adeguare il sistema socio sanitario di Via Cellini si è pensato d’intervenire in due tempi diversi e, con il solo primo tempo, di rendere aderente l’immobile ai mutati requisiti di legge regionale.

“L’intervento per come originariamente era stato architettato insisteva, in prevalenza, su una sola delle due palazzine rendendo disponibile anche il collegamento sotterraneo tra i due corpi fabbrica. Il primo stralcio di lavori venne posto in bando di gara per oltre tre milioni di euro ed assegnato a poco più di un milione e settecento mila euro con ribasso d’asta che ha sfiorato il quarantasei percento.

“Tutto ciò ad opera di un CdA precedente al quale non partecipavano i sottoscritti. Successivamente si è acclarato che l’originaria tipologia d’intervento: I) non avrebbe garantito il necessario adeguamento sismico dell’edificato nella sua interezza II) non teneva conto della difesa della struttura di ricovero priva di portineria e di sistemi di sorveglianza III) non teneva conto della necessità di adeguare l’obsoleta cucina non più in grado di soddisfare, in sicurezza, le esigenze alimentari degli ospiti né in grado, in prospettiva, di fornire i circa trecento pasti giornalieri necessari alla funzione dell’Ente IV) non teneva conto della volontà di fornire a tutti gli ospiti, degenti in entrambe le palazzine, uno standard alberghiero, se non uguale quanto meno simile, ponendo termine alla condizione di differente trattamento tra anziani con identiche condizioni sanitarie.

“Dovendo affrontare la risoluzione di tutte queste problematiche, è chiaro come ad una simile mole di miglioramenti sia corrisposto un costo finale dell’opera diverso. In altre parole, al costo finale sostenuto è corrisposto un prodotto radicalmente modificato e decisamente migliore di quello pianificato originariamente”.

Sul nuovo monoblocco ospedaliero

“Per quanto riguarda la questione del nuovo monoblocco dell’Ospedale cittadino ricordiamo che Fondazione città di Senigallia ha subìto, dal lontano 2004, l’esproprio del terreno su cui è stato poi edificato il padiglione ospedaliero in questione. La Fondazione non si è opposta all’azione di esproprio, in considerazione della rilevanza pubblica dell’opera. L’azione di pubblico esproprio non si è conclusa in tempo utile per responsabilità esclusiva dell’allora AUSL 4; il Consiglio della Fondazione ha informato dell’incompiuta e della situazione tutti gli attori istituzionali più volte via PEC ma, come atto finale, gli organi competenti regionali, sul finire dell’anno 2020, hanno accatastato, senza averne titolo, quindi arbitrariamente, la nuova costruzione a Fondazione”.

Sulle modalità di selezione del personale

“Quando si discute di procedure d’assunzione di personale dipendente a tempo determinato o indeterminato occorre ricordare che la Fondazione è un Ente di diritto privato e, pertanto, non deve utilizzare alcuna “selezione con evidenza pubblica”. Per avvedersi di ciò è sufficiente leggere lo statuto. Nonostante questo, negli anni, sono state utilizzate procedure, consuetudinarie, che hanno permesso a coloro avessero inviato loro curricula di partecipare a colloqui finalizzati a verificarne le competenze e l’attitudine al lavoro. I colloqui venivano svolti da una commissione interna formata dal responsabile del sistema socio sanitario, dal responsabile del amministrativo e da consiglieri di amministrazione. All’estito di tali colloqui, l’Ente elaborava ed aggiornava elenchi ai quali attingeva, in caso di necessità, per formulare le proposte di assunzione”.

Sulla gestione dell’emergenza Covid

“È davvero inaccettabile che si tenti di raccontare come inappropriata l’azione socio sanitaria compiuta in Fondazione durante una pandemia improvvisa, dalle caratteristiche inizialmente sconosciute, devastante e massiva come quella da SARS Cov2., strumentalizzando gli accadimenti e decontestualizzandoli del tutto.

“La lettera dello 11 marzo 2020 riportata sui giornali si riferisce ad un momento preciso in cui i dispositivi di protezione individuale non erano disponibili in quantità adeguata all’emergenza e le stesse fonti scientifiche ufficiali non avevano chiarito il loro utilizzo più corretto. L’azione del CDA allora in carica è stata improntata, in quei tragici giorni, al rispetto delle linee guida allora fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Istituto Superiore della Sanità. E questo vale anche per la lettera “contestata”. Basti ricordare come la struttura socio sanitaria sia stata interessata dal virus fino alla metà della primavera del 2020, per circa due mesi e mezzo, mentre da oltre un anno e mezzo risulti priva di contagio.

“Ricordiamo che il caso è stato citato dalla stampa nazionale come un esempio di buona sanità. È sufficiente ricordare, ancora, come la struttura non sia stata più interessata da varianti virali maggiormente contagiose, grazie alle misure organizzative adottate, mentre sistemi socio sanitari simili sono di nuovo attinti dall’emergenza pandemica. Un ringraziamento va alle famiglie degli ospiti che hanno concesso la loro fiducia ed ai dipendenti, nessuno escluso, che hanno sopportato il peso dei maggiori carichi assistenziali derivanti dallo stato di pandemia.

“Tanto dovevamo per portare a conoscenza della comunità cittadina la verità dei fatti”.

 

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