Ardo chiude definitivamente, le Marche perdono altri 245 posti di lavoro che non verranno più ricreati
Ardo chiude definitivamente, le Marche perdono altri 245 posti di lavoro che non verranno più ricreati
FABRIANO – Domani, domenica 15 maggio 2022, si chiude definitivamente la storia dell’ARDO – Antonio Merloni, dopo anni di vicissitudini e crisi aziendali, passando dall’Amministrazione straordinaria Legge Marzano nel 2008, alla cessione poca fortunata all’imprenditore Giovanni Porcarelli in J.P. Industries nel 2012 per un progetto industriale che avrebbe dovuto portare 700 posti di lavoro tra Umbria e Marche. Progetto che si è tramutato in cinque anni di controversie legali con gli istituti di credito vinte dall’imprenditore, ma che nel frattempo hanno creato mancati investimenti e un indebitamento insostenibile, fino ad arrivare al passaggio ad Indelfab a luglio del 2019 (Industrie del Fabrianese) e il fallimento il 15 novembre dello stesso anno.
«Potremmo parlare per ore dello splendore e del benessere che le Industrie Merloni hanno portato sul territorio marchigiano dal 1930 in poi con Aristide Merloni, ma oggi constatiamo che non chiude una azienda che conta ancora 479 addetti tra le regioni Umbria e Marche, ma chiude una delle pagine più importanti del territorio marchigiano, che ha prodotto ricchezza e sviluppo per decenni – dichiara Giampiero Santoni, segretario regionale Fim Cisl Marche -. Oggi emerge ancora di più la rabbia di un territorio che, nonostante tutti gli interventi delle istituzioni, Ministeri, Regioni e Comuni interessati, non è riuscito a rilanciare un comprensorio pieno di competenze, professionalità e cultura del lavoro».
Non ultimo, l’intervento dell’Anpal Servizi e il piano di politiche attive per i lavoratori volto a cercare nuove opportunità occupazionali messo in campo dalle Regione Marche che ha portato risultati importanti, ma non sufficienti per la ricollocazione di tutta la forza lavoro.
«Oggi c’è un vuoto – denuncia Santoni -. Quel vuoto che si aggiunge alle ombre di crisi che si scrutano all’orizzonte in altre aziende del settore elettrodomestico del Fabrianese, devastato da anni di emorragie occupazionali e dove non c’è stata la capacità di ricercare e trovare vere soluzioni alternative al settore del “bianco”.
Oggi nel territorio perdiamo altri 245 posti di lavoro che non verranno più ricreati: dietro a queste lavoratrici e lavoratori ci sono altrettante famiglie con figli e non tutti hanno la capacità e l’età per ricollocarsi, tanto più in un territorio così desertificato. È vero, diversi sono prossimi alla pensione, altri nel frattempo si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato precariamente in altre aziende in attesa di soluzione industriali che non sono mai arrivate, ma rimane tutto l’amaro in bocca per non aver trovato soluzioni occupazionali».
Questi ulteriori licenziamenti, prosegue Santoni, «sono una sconfitta sociale per e del territorio, delle istituzioni e della politica che non ha più la capacità, qui come altrove nel paese, di progettare uno sviluppo e una competitività in grado di creare occupazione e generare un meccanismo virtuoso teso al ricollocamento».
In vista delle elezioni amministrative, Santoni lancia un messaggio ai candidati sindaco: «Tutti si propongono come capaci di creare prospettive occupazionali e rilanciare il territorio. A loro dico di non commettere i gravi errori del passato: dopo il voto, i programmi elettorali non devono finire nel dimenticatoio, ma si deve cercare di lottare per rilanciare Fabriano, una città che ha ancora tutte le carte in regola per creare occupazione ed essere competitiva. Su questo, il sindacato sarà con voi».
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