Le stagioni della lucertola, a 92 anni Curzia Ferrari pubblica una bella antologia
Le stagioni della lucertola, a 92 anni Curzia Ferrari pubblica una bella antologia
di TIBERIO CRIVELLARO
Curzia Ferrari è un nome noto al giornalismo italiano. Editorialista, opinionista e poetessa, oggi a 92 anni abita a Milano quasi dimenticata dalla nostra cultura presa più da ideologismi piuttosto che dalle geometrie letterarie e artistiche.
È appena uscito il suo volume antologico (con tutte le opere) “Le stagioni della lucertola” (Nino Aragno Editore).
Vincenzo Guarracino, “custode di memorie” è l’autore del corposo saggio a inizio libro, citando anche dei corsivi di Carlo Bo, Mario De Micheli e Salvatore Quasimodo. Perché tra il Premio Nobel e Curzia Ferrari vi fu “una storia” iniziata nel 1963, non solo letteraria, ma anche di autentici sentimenti e passione. Il contesto iniziale da cui partire (nota Guarracino) sono il gusto per l’eleganza, la fede nella scrittura; canale di domande convergenti nell’inesausto “scrivi/vere”, itinerario di una continua ricerca creativa, non solo poetica, in quel “fiume della vita ormai prosciugato” tra il “non-detto” e i “non-fatti” col brivido e il rischio all’insignificanza, alla solitudine – tra algide nebbie lombarde – nello sgravio dell’insopportabile “mestiere di scrivere”, mal d’amore che l’autrice ha attraversato soggettualmente, con sostantivi e verbi, anche imperfetti (in “Double face d’amore”).
Ma Curzia Ferrari è ancora donna “innamorata della vita”, tale da poter ancora orgogliosamente rivendicare. É stata capace di mettersi sempre in gioco, anche nella sua attuale stagione di vita: ”Exstremo sunt fine laborum”, dando vite e a darla insieme a quelle che il Leopardi definì una “poesia senza nome”. Un’esperienza di scrittura generazionale secondo i tratti contingenti della poetica, quella della saggistica, epistolare anche, a seconda delle esigenze: “Col dizionario sei sempre in conclave./ Soppesi al rigo, la sillaba, la punteggiatura./ Squadrare e riquadrare il lineare, la calibratura,/ le mistioni dei verbi, il difettare delle desinenze…/. Suggestiva per antonomasia, questa immagine, ne richiama un’altra più intima: “Eccelso Signore della metratura…”.
O con effimeri messaggi in prospettiva verso speranze e fede, nel segno quasi paradossalmente cristiano di un “Carpe Diem”, antidoto per “arginare il fiume della distruzione e della rovina” (annotò Carlo Bo nell’introduzione della raccolta della Ferrari: “Il tallone d’Achille). Calcarea ma lucida, la poesia della Ferrari nel bell’esempio de la “Dama non cercata” citata da Giovanni Giudici.
Ampio il soggettuale nella raccolta, non qui riassumibile adeguatamente nell’ampio intrinseco di valori etici (Giuseppe Marchetti) con la refrattarietà della parola e la sua “imperfezione” per conquistarsi il proprio “spazio”. In “Pietra” (2013) il linguaggio si s/piega con potente efficacia come l’impatto fragoroso di una ogiva. A lei, Salvatore Quasimodo (alla sua “Donna” – compresa nella sua opera omnia): “Mi chiedi parole. Ma il tempo/ precipita come un masso sulla mia anima/ che vuole certezze, e più non ha sillabe/ da offrire se non quelle silenziose/ del sangue legate al tuo nome,/ o mia vita, mio amore senza fine”.
Questa antologia è dura, spigolosamente complessa, un oggetto-soggetto poetico “difficilmente classificabile” nell’attuale feroce e asfittico panorama cultural-letterario. Ferino per l’intromissione di cupi e inetti poeti “laureati”, oscuri ramarri che da almeno un trentennio inquinano lettori, distruggendo la voglia di cercare miglior poesia. Curzia Ferrari capirà il concetto, nel contesto.
CURZIA FERRARI
LE STAGIONI DELLA LUCERTOLA
Nino Aragno Editore