CRONACAIN PRIMO PIANOL’INTERVENTOMARCHE

“Bomba d’acqua”, parola nuova ma è ora di intervenire

 “Bomba d’acqua”, parola nuova ma è ora di intervenire

 15 settembre 2022, nell’Appennino umbro-marchigiano delle province di Ancona e Pesaro-Urbino, sono caduti 420 millimetri di pioggia in poche ore: un disastro dai monti fino al mare con 11 morti accertati

di LUCIANO POGGIANI*

FANO – Quando le precipitazioni assumono il carattere di vere bombe d’acqua e le piene dei fiumi sono di rilevanza eccezionale si può fare poco per annullare del tutto o quanto meno ridurre in maniera accettabile i loro effetti devastanti, ma che comunque una buona volta è ora di intervenire.

Oltre ad agire sul dissesto idrogeologico, sempre nominato e mai risolto, tra le azioni maggiormente risolutive per prevenire i disastri, là dove è possibile, ci sarebbe quella di costruire in aree riconosciute come sicure, evitando le zone a rischio, e quella di permettere esondazioni controllate accumulando temporaneamente l’acqua in aree predisposte, dove al massimo si dovrebbero risarcire i danni alle coltivazioni e non piangere i morti.

Varie altre strategie efficaci possono essere messe in atto a seconda dei luoghi, ma le ammonizioni e gli interventi sulla stampa dei geologi a questo proposito tengono banco nelle cronache solo per una settimana scarsa e poi vengono dimenticate, oppure i piani di intervento rimangono nei cassetti o si arenano a metà percorso e anche prima.

Se la massa d’acqua che scende a valle è enorme, il solo ripulire dalla vegetazione le rive e gli alvei fluviali, come molti invocano, risulta ben poco rilevante di fronte alla gravità dell’evento.

In aggiunta a piani regolatori che nella scelta delle aree edificabili devono garantire la sicurezza della gente in rapporto alle alluvioni, un intervento radicale nelle aree a forte rischio sarebbe di “delocalizzare” ossia di demolire e costruire in posti più sicuri, ma chi troverà l’autorevolezza per imporlo? E poi non lo si può certo attuare nei centri storici dove il fiume è parte integrante del tessuto urbano.

Scontiamo oggi tutto quello che abbiamo fatto e tutto quello che non abbiamo fatto dagli anni ’60 in poi e che ci ha fatti sentire per qualche decennio i padroni della natura. Scontiamo la sottovalutazione di una parte dell’opinione pubblica della gravità dei problemi ambientali, che si è riflessa nelle scelte del mondo politico.

Noi ambientalisti dell’Argonauta, che siamo sul campo sin dagli anni ’70, ci troviamo spesso nella parte scomoda delle cassandre, dei “verdi” che impediscono di ripulire i fiumi, dei negatori del progresso. Ripetiamo sempre più spesso “ve l’avevamo detto….”, ma questa è una ben magra consolazione, perché oggi nei guai ci siamo dentro tutti, noi compresi.

*Associazione Naturalistica Argonauta – Fano

 

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.altrogiornalemarche.it