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La Cgil: “Nelle Marche lavoro sempre più precario”

La Cgil: “Nelle Marche lavoro sempre più precario”

Volano gli intermittenti al 19,5% sul totale.  Le assunzioni a tempo indeterminato scendono del 5,1%. Fontana. “La Regione? Dovrebbe individuare una strategia per promuovere il lavoro stabile”

ANCONA – Sempre meno nuove assunzioni nelle Marche, con un crollo delle assunzioni a tempo indeterminato (-5,1%) e un incremento degli intermittenti (+6,6%). E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’INPS, elaborati dall’IRES Cgil Marche.  Nel periodo gennaio-giugno del 2024,le aziende marchigiane hanno assunto 119.398 persone, l’1,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 e il 5,2% in meno rispetto al 2022.

Rispetto allo scorso anno, diminuiscono le assunzioni a tempo indeterminato (-5,1%), in apprendistato (-16,3%) e in somministrazione (-9,5%) mentre risulta significativo l’incremento delle assunzioni con contratto intermittente (+6,6%). Pressoché stabile il contratto a termine.

Nello stesso periodo, le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 86.129, valore sostanzialmente invariato rispetto al 2023 (+0,5%); nei confronti del 2022 si osserva, invece, un calo del 3,8%.

Il saldo assunzioni – cessazioni risulta positivo nel complesso (+33.269) e per le singole tipologie contrattuali, ad eccezione dei contratti a tempo indeterminato.

Nel confronto 2024-2023, le assunzioni totali registrano nelle Marche una tendenza in linea con  il Centro Italia (-4,6%) e con l’Italia nel complesso (-1,6%). Nello stesso periodo, invece, le cessazioni nel Centro Italia diminuiscono del 3% e nell’intero paese l’aumento è del +0,3%.

“Le Marche continuano anche in questo trimestre ad avere il primato per l’utilizzo dei contratti intermittenti – sottolinea Eleonora Fontana, segretaria regionale Cgil Marche – Le nuove occupazioni a tempo indeterminato hanno subito un crollo. Nella regione, non ci sono segnali di un cambiamento all’interno del mercato del lavoro e i dati certificano come il precariato rappresenti oramai una vera e propria piaga.”

 Analizzando nel dettaglio le cessazioni per tipologia di motivazione emerge che il lieve aumento generale è tuttavia caratterizzato da andamenti diversi. Di fatto, si evince un crollo delle dimissioni (-1.243, -4,9%), ma al contempo aumentano i licenziamenti di natura economica (+916, +19%) e le cessazioni per fine contratto (+999, +2,1%). Potenziali segnali di criticità all’interno del sistema produttivo.

“A fronte di una diminuzione delle dimissioni – continua Fontana -due dati evidenziano la fragilità e le criticità del sistema produttivo regionale: sono i licenziamenti di natura economica e di quelli dovuti alla scadenza dei contratti a termine. I dati ci restituiscono un quadro di maggiore realtà, il saldo è positivo ma la tendenza è preoccupante. La Regione ha impiegato le risorse del PNRR per interventi mirati a determinati target: giovani, donne e over 50, ma ad oggi i singoli interventi non sembrano aver incentivato le forme di lavoro stabili e di qualità. Serve una visione di lungo periodo per cambiare il modello economico e sociale”.

 Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (10,8%) e in costante flessione; la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (36,8%), seguita dal contratto intermittente (19,5%).

Nelle Marche, la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati è nettamente sotto la media del Paese (16,3%): la regione è terzultima per incidenza di contratti a tempo indeterminato sui nuovi rapporti di lavoro. Anche l’incidenza dei contratti a termine sul totale è inferiore alla media nazionale (43,4%). In riferimento alle attivazioni di contratti di somministrazione, il valore regionale è superiore alla media nazionale (11,9% contro 11,4%). La regione risulta inoltre essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (19,5% contro la media nazionale del 9,8%), tipologia che evidenzia un aumento costante del suo peso.

I rapporti part-time incidono per il 35,5% delle assunzioni. Si confermano, tuttavia, significative differenze di genere: tra gli uomini le assunzioni con contratti part-time sono il 25,5% del totale, mentre tra le donne la percentuale sale fino al 48,6%.

Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 11.717, 1.085 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-8,5%).

 https://www.marche.cgil.it/wp-content/uploads/2024/09/Osservatorio-precariato-II-trim.-2024.pdf

 

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